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5 cose che lo sport insegna alla comunicazione

03/02/2024 16:02

Lorenza Tronconi

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5 cose che lo sport insegna alla comunicazione

La mia esperienza personale nel lavoro e nell'attività fisica: ecco 5 cose che lo sport insegna alla comunicazione (digitale e non).

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Non ho mai fatto troppo sport nella mia vita, infatti, come si suol dire, l’unica cosa che ho mai amato fino a una certa età è stata darmi all’ippica (letteralmente). Quando ho iniziato a lavorare, vuoi per assorbire lo stress, vuoi per essere più in forma in caso di scazzottate coi clienti (e chi almeno una volta non l’ha desiderato?), ho iniziato a capire quanto fosse importante prendersi almeno un’ora al giorno in cui disciplinare la mente attraverso il corpo.

 

Si dice sempre che quando si allena il fisico “si stacca la testa”, invece è esattamente il contrario. Bisogna essere molto consapevoli del proprio corpo per capire di cosa ha bisogno, ed è essenziale che la mente sia impegnata verso l’obiettivo principale. Che quest’ultimo sia farsi una camminata o una corsa, riuscire a sollevare pesi, imparare le posizioni dello yoga o tirare calci a kikboxing, è una scelta del tutto personale.

 

Ecco dunque 5 insegnamenti che ho imparato dalle mie pause “sportive” e che cerco di applicare anche nella comunicazione (soprattutto social), sia personale sia lavorativa.

 

Remember to breathe

 

Sembra una cosa scontata e stupida, ma succede spesso che, quando siamo sottoposti a un grande sforzo, siamo portati a trattenere il respiro. Ogni azione ha bisogno di ossigeno e nessuna conseguenza, neanche la più brutta, deve lasciarci col fiato sospeso. Quando la sfida è grande, ricordiamoci sempre di inspirare ed espirare, prendendoci del tempo per pensare prima di decidere. Stare in tensione non aiuta l’equilibrio, al contrario lo sbilancia.

 

Better safe than sorry

 

Ovvero: less is more. Non c’è bisogno di andare oltre il limite, perché spesso è un confine da cui è difficile tornare indietro. Cerchiamo di rimanere concentrati su ciò che vogliamo trasmettere, perché le nostre parole potrebbero essere intese diversamente da un occhio esterno. La soluzione migliore è sempre ridurre la comunicazione all’essenziale, ben consapevoli dei nostri punti di forza e di rottura. Non è mai sbagliato essere equilibrati, anche quando ci sembra che “si dovrebbe dire di più”. All’interlocutore non interessa davvero chi ha ragione e chi torto: la maggior parte delle volte desidera solo una risposta sensata, che possibilmente soddisfi il bisogno o risolva il problema per il quale ti sta contattando.

 

Work at your range of movement

 

Insieme alla tua disciplina professionale, è importante conoscere a fondo il brand che rappresenti. Qual è il tono di voce? In che contesto stai comunicando, con chi e qual è l’oggetto della conversazione? Sono tutti fattori che possono cambiare notevolmente le tue decisioni, ma anche il tuo spazio di movimento. Come professionisti, non siamo liberi di dire e fare tutto ciò che ci passa per la testa o che vediamo fare agli altri (anche se a volte i nostri clienti lo preferirebbero!), ma dobbiamo sempre essere attenti a come muoverci, consapevoli di avere spesso le mani legate.

 

Practice make progress

 

Come capire dove sta il limite è una questione di buon senso, ma anche di esperienza. Negli anni, si imparano a gestire tutti i tipi di situazioni, anche quelle meno facili. Ed è piuttosto ovvio che, a un certo punto, molte cose si diano per scontate. Cerchiamo di fidarci delle nostre sensazioni, senza questionare continuamente le decisioni prese, perché la sindrome dell’impostore è sempre dietro l’angolo. Ricordiamoci però che questo atteggiamento non deve sfociare nell’arroganza: di imparare non si finisce mai e tutti gli scenari, anche quelli più banali, possono insegnarci qualcosa di nuovo.

 

Take what you need, leave what you don’t 

 

Non solo nel lavoro, ma anche a casa. Comunicare può essere davvero uno dei lavori mentalmente più sfiancanti (con i clienti, con gli utenti, con i fornitori), l’importante è andare a letto senza rancori personali. E soprattutto con le idee chiare. Non tutto ciò che ci troviamo davanti ci appartiene: se non ci serve, lasciamolo stare. È solo una zavorra che ci porteremo dietro, emotivamente e forse anche fisicamente. Dire di no e non rispondere erano, fino a poco tempo fa, dei veri e propri tabù nella nostra professione. Ora ci stiamo rendendo conto che non tutte le cose hanno lo stesso valore e che essere professionali è sì un dovere, ma anche un diritto. Un commento senza senso, una cattiveria, una richiesta senza speranze: cerchiamo di impiegare il nostro tempo in ciò che davvero è utile e conta, per noi e il nostro brand.