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Ma i social...

24/08/2024 20:37

Silvio Carnassale

Novità Social, social, AI,

Ma i social...

Tre quesiti e tre possibili risposte in questo nuovo articolo sul mondo dei social.

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In questo approfondimento di agosto tratterò, come sempre, alcune notizie dal mondo digitale che mi hanno particolarmente colpito. Questa volta saranno tre i quesiti ai quali cercherò di rispondere, buona lettura!

 

I social media alimentano l'odio?

 

È una cosa che ci sentiamo dire piuttosto spesso: i social media, con la viralità dei loro contenuti, hanno incrementato le posizioni estreme e (molto spesso) intolleranti, frantumando il tessuto sociale “tradizionale” che una volta appariva più equilibrato. Ma è davvero così? Un recente studio cerca di fare chiarezza sull'argomento. La ricerca, pubblicata da quattro ricercatori su PsyarXiv, è stata effettuata in ben trenta Paesi del mondo, sparsi su sei continenti. Più di quindicimila persone sono state intervistate, restituendo un quadro a luci e ombre sul reale impatto dei social nella nostra società. 

 

Quello che emerge è una realtà sfaccettata, fatta sì di contenuti estremi e polarizzati, ma che non rispecchiano per forza la maggioranza degli utenti. Le persone più decise e prevaricatorie nel diffondere le proprie idee, che sono quasi sempre estreme, vengono agevolate dagli algoritmi dei social, che ovviamente privilegiano i contenuti destinati a ottenere viralità (interazioni, visualizzazioni, like, commenti e condivisioni). La maggior parte delle persone, che ha invece idee più moderate, è più riluttante a farsi coinvolgere attivamente nelle discussioni virtuali, generando di fatto una sovraesposizione di contenuti di minoranza.

 

Non solo, la ricerca dimostra come il serbatoio delle idee più estreme, sui social, proviene da Paesi notoriamente problematici dal punto di vista delle disuguaglianze economice (come ad esempio Brasile e Turchia). In questi paesi esistono spesso anche problemi con il concetto di democrazia e una maggiore percentuale di persone che tendono ad imporsi e a prevaricare sugli altri, trasmettendo questo modo di vivere anche attraverso le piattaforme social.

 

Un'altra riflessione interessante, emersa dallo studio, vede i social come veicoli perfetti per una pluralità di idee, che difficilmente ognuno di noi potrebbe sperimentare nella vita reale. Il problema sta, piuttosto, nella superficialità con la quale queste idee vengono divulgate, che unita alla delegittimazione dell'avversario non permette alla pluralità di svilupparsi correttamente.

 

I social media annoiano?

 

L'American Psychological Association ha recentemente condotto uno studio molto interessante sul rapporto tra social media e noia. Spesso ci sentiamo dire che fare scrolling tutto il giorno è una grande perdita di tempo, sottratto ad attività più produttive, e quest'affermazione viene spesso utilizzata come “critica generazionale” (i Boomer che rimproverano i Millennial di questo comportamento, la Gen Z che fa altrettanto, ma tutte e tre le generazioni stanno, in un modo o nell'altro, dietro allo schermo).

 

Negli Stati Uniti sono stati condotti ben sette test con la partecipazione di oltre mille partecipanti sottoposti alla visione di video di durata differente. Un gruppo doveva visionare un video della durata di dieci minuti, senza possibilità di aumentare la velocità di riproduzione, mentre l'altro doveva visionare sette video, della durata di cinque minuti ciascuno, per dieci minuti, avendo l'opzione di saltare da uno all'altro. I risultati sono stati piuttosto interessanti: gli utenti che avevano la possibilità di saltare i video, infatti, sono risultati per la maggior parte più annoiati e meno interessati di quelli “costretti” a visionarne uno unico, senza possibillità di scelta. Cosa ci dice tutto questo? Che interagire troppo rapidamente con i contenuti video causa una mancanza di interazione e di coinvolgimento, con il risultato di esacerbare la noia, invece di mandarla via. Un maggiore coinvolgimento e un approfondimento del contenuto, invece, hanno permesso un'interazione più specifica e hanno acceso l'interesse dell'utente.

 

I social media sono ancora "autentici"?

 

Sappiamo bene come l'avvento dell'AI stia cambiando profondamente il mondo del lavoro e della comunicazione. I social media non potevano, ovviamente, esserne esenti e un recente studio internazionale effettuato tra i marketer evidenzia i cambiamenti in atto.

 

I dati illustrati da GenAI for Social Content 2024, a cura di Capterra, mostrano la crescente propensione delle aziende all'utilizzo dell'AI per generare i loro contenuti. Le interviste hanno interessato ben 1600 marketer a livello globale e i dati dei 102 rispondenti italiani sono particolarmente interessanti. Più della metà, infatti, ritiene che l'utilizzo dell'AI consenta di risparmiare tempo e fatica, e che per quanto riguarda la qualità dei contenuti, questi siano complessivamente migliori di quelli creati in maniera esclusivamente “manuale”. In più, il 78% prevede un aumento degli investimenti legati all'AI per la produzione dei contenuti nei prossimi 18 mesi. 

 

Il 40% dei marketer italiani intervistati dichiara di utilizzare l'AI più volte a settimana, mentre il 30% la utilizza addirittura su base giornaliera. Le piattaforme social più utilizzate sono Instagram (73%), Facebook (68%) e YouTube (50%). I contenuti generati dall'AI sono sia testi che immagini e video.

 

C'è però anche l'altro lato della medaglia: il 42% degli intervistati è preoccupato dalla possibile diffusione di notizie false generate dall'AI e dai conseguenti danni che ne deriverebbero. Per evitare questi rischi, quasi il 70% dichiara di sottoporre a “controllo umano” i contenuti generati per verificarne l'autenticità, il 47% valuta l'attrattività visiva di quanti viene prodotto e il 45% analizza le prestazioni, comparandole con quelle prodotte da una persona fisica.

 

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